Da sempre i cambiamenti sociali hanno un’influenza sul mondo della moda. E se le recenti sfilate di abbigliamento maschile hanno fornito più di un’indicazione sul futuro, la realtà è che il cambiamento si è già insediato nel presente. Anche la moda ha iniziato a virare nella sua direzione, perdendo del tutto la componente massimalista che ha caratterizzato l’ultima era Y2K a favore di un ritorno rigoroso al minimalismo, in linea con l’attuale periodo di recessione economica. Questo passaggio assume anche una funzione di promemoria della natura ciclica della moda. Tornando indietro nel tempo possiamo osservare come l’estetica massimalista Y2K e McBling dei primi anni 2000 avesse a sua volta anticipato la Grande Recessione del 2008, portando poi ad un’era di minimalismo nei primi anni del 2010. Negli Stati Uniti questo risultò nell’adozione di toni tenui e sagome semplici, mentre nei prodotti di lusso ci fu una transizione dall’ostentazione del logo ad uno stile più discreto, come la popolare borsa Hermès Courchevel Evelyne, che optava per un logo traforato più sottile al posto della prevalente logomania dell’epoca.

Allo stesso modo, mentre durante l’apice della pandemia abbiamo assistito al ritorno in auge di stili fortemente accessoriati e poco funzionali come le gettonate “micro bags”, ora nel mezzo dell’ultimo cambiamento sociale la moda muta di nuovo, assumendo i nuovi codici funzionali del “Recession Core”.

Le passerelle uomo autunno 2023 ci anticipano il sopraggiungere di un nuovo minimalismo caratterizzato da toni terra, la contrapposizione bianco/nero, una stratificazione versatile, borse funzionali e l’assenza di gioielli. Mentre l’esplorazione della fragilità maschile attraverso capi sartoriali indossati a pelle, senza camicie e cravatte, denota la perdita della componente provocatoria dello stile androgino. Il gender-neutral dunque diventa la nuova norma, come nelle silhouettes viste da Saint Laurent. Jw Anderson a sua volta esplora la fragilità umana attraverso l’ambiente domestico: in esso riflette la ricerca di rassicurazione e comfort mancanti nel periodo storico in cui viviamo. Vetements invece lavora sulla comunicazione attraverso il suo lookbook, dove la conversazione sul gender-neutral incontra il pensiero “clothes don’t need to scream to be something you love” espresso dallo stesso Gvasalia.

Questo approccio non solo è più inclusivo, ma è anche più accessibile. In una fase di recessione economica, la moda resa universalmente indossabile diventa un investimento più utile. Inoltre il ritorno alla razionalità e al rigore riporta finalmente il focus sul prodotto, con un’esaltazione di semplicità e purezza. Le silhouette sartoriali quindi diventano il nuovo elemento distintivo attraverso cui comunicare il proprio status symbol. Nasce un nuovo lusso, semplice e discreto, ed è il momento dell’ascesa di brand come The Row e Toteme che affiancano Bottega Veneta, nell’incarnazione del “Quiet Luxury”: una combinazione di funzionalità, eleganza, qualità e manifattura, caratterizzata dall’abbandono dei grandi loghi a favore di codici visivi a definire l’identità di un brand e renderlo riconoscibile.

E se da un lato Louis Gabriel Nouchi introduce in passerella una corrente stilistica più cupa, tramite un omaggio al thriller del 2000 “American Psycho”, sottolineando tutti i timori che derivano dall’incertezza economica, dall’altro lato possiamo affermare che la transizione in atto verso una moda più “modesta” ha del potenziale positivo anche dal punto di vista della sostenibilità, inducendo i consumatori a valutare i propri acquisti in modo più consapevole.

Il nuovo minimalismo dunque non parlerà esclusivamente di capi basici e toni neutri, esso piuttosto consisterà nella qualità di un capo di durare nel tempo, distinguendosi per funzionalità, manifattura e versatilità.